domenica 18 aprile 2010

Alla Vitella ci piaceva Casa Vianella

Vitella vuole segnare il suo esordio su questo blog, di cui come già detto non se ne avvertiva il bisogno, spendendo due parole su Raimondo Vianello. Premessa obbligatoria in un Paese un po' così: alla Vitella non frega nulla del suo passato repubblichino e anzi, non può non essere grata a un uomo che anche da morto è riuscito a far sì che il Pippone nazionale si facesse una figura del menga. Ha raccontato infatti il Pippo che quando chiamava a casa Vianello e rispondeva Raimondo, questi gli chiedeva: "Vuoi parlare con Sandra, vero?" e se l'altro rispondeva sì, aggiungeva "Meno male". Ora, nessuno dei suoi cari, parenti o amici, ha avuto la bontà di dirgli: "Guarda Pippo che diceva sul serio, non è il caso di raccontarlo al funerale"?
Comunque, per amor di cronaca, vorrei riportare su questo inutile blog (ma sarà poi vero?) alcune notizie che traggo, e giuro che non voglio essere ironica, dal Catalogo dei viventi di Dell'Arti e Parrini:
-racconta il Raimondo sul varietà che conduceva con Ugo Tognazzi: "Un, due, tre durò sei anni, dal '54 a quando il presidente Giovanni Gronchi, ospite alla Scala di Milano insieme a Charles de Gaulle, scivolò per colpa di un valletti che gli aveva messo male la sedia. In Un, due, tre c'era una rubrica, 'L'angolo della posta' di solito stavamo seduti, ma quella volta saremmo rimasti in piedi: al momenti di sederci Ugo sarebbe caduto per terra come Gronchi [...]. Appena finimmo lo sketch su Gronchi, trovammo subito in camerino una busta azzurra della Rai: 'restate in attesa di provvedimenti', c'era scritto. E delle successive e ultime quattro puntate dovemmo registrare l'audio della prove: i censori volevano ascoltarci. Ugo e io allora ci divertivamo a dire parolacce, battute contro il clero e le istituzioni. I censori si infuriavano. E nel '61, quando nacque il secondo canale, ci chiamarono di nuovo. Entrammo in una stanza con un tavolone circondato da funzionari. Ugo e io ci appollaiammo su due sedie. 'Avete qualcosa di già pronto?' ci chiesero. Io alzai il tiro sull'unico bersaglio più in alto di Gronchi e dissi: 'Sì, sul Papa". Che allora era Giovanni il Buono. Ugo improvviso' una scenetta nel suo solito, maccheronico dialetto simil-bergamasco e attaccò: 'Mi sun bergamasco, orcu!', bestemmiando tra i denti. Calò un gran gelo. I signori si alzarono e ci indicarono la porta dicendo: 'Prego'. E così, per amore di una battuta, perdemmo la scrittura".