giovedì 29 aprile 2010

SCARPELLI, IL GRANDE PADRE DELLA SCENEGGIATURA ITALIANA

urio Scarpelli, classe 1919, è morto oggi all’età di 90 anni. Uno dei maggiori sceneggiatori del cinema italiano ma anche un fervido esponente di quella creatività, del tutto artigianale, Scarpelli esprime fin da giovane la sua predisposizione come vignettista e scrittore satirico ed è questo l’humus che caratterizza e nutre gran parte delle sue sceneggiature quando, in coppia con Age, dà vita alla cosiddetta commedia all’italiana.
I soliti ignoti (1958), La grande guerra (1959), Il mattatore (1960) di Mario Monicelli, Tutti a casa (1960) e A cavallo della tigre (1961) di Luigi Comencini, I mostri (1963) di Dino Risi, Sedotta e abbandonata (1964) di Pietro Germi, Frenesia d’estate (1963) di Luigi Zampa e molti altri successi inclusi i grandi film con Totò segnano la collaborazione di una coppia formidabile: una vasta produzione che condensa la particolarità della narrazione della coppia nonché la versatilità dei temi trattati. Una commovente umanità caratterizza i film dedicati al dramma bellico, peraltro spesso basati sull’unione commedia-tragedia atta a far emergere il paradosso della guerra e delle sue conseguenze. I personaggi, talvolta personificazioni della mediocrità dell’italiano medio, con esiti spesso comici, non mancano tuttavia di dimostrare, allo stesso tempo, con gesti eroici o mossi da scatti di dignità, l’autenticità del loro animo. Ben diversa è invece quella filmografia che, dedicata alla società del miracolo economico, propone con una pungente vis satirica puntuali ritratti dell’individuo colto nei vizi, nel cinismo, nelle aberrazioni diventando il riflesso di un nuovo stile di vita e di un'Italia allora in mutamento.
Nel 1966 la coppia firma altri due enormi successi: il western Il buono, il brutto e il cattivo di Sergio Leone e lo spassoso L’armata Brancaleone (seguito nel 1970 da Brancaleone e le crociate) per la regia di Monicelli. Vincitrice nel 1967 di ben tre Nastri d’argento e interpretata da attori di notevole valore (Vittorio Gassmann, Gian Maria Volonté, Enrico Maria Salerno), quest'ultima opera si contraddistingue non solo per i contenuti storici, che la rendono una commedia piuttosto "curiosa", ma anche per l’originalità del linguaggio, per la capacità di plasmare una lingua del tutto unica. Age e Scarpelli creano infatti un vero e proprio idioma immaginario ovvero una lingua nuova che, attraverso la mescolanza del latino maccheronico con l’italiano volgare, costituisce il marchio e la caratteristica fondante del film.
Gli anni ‘70 proseguono esplorando il genere della commedia ma declinandolo in maniera diversa rispetto al passato e concentrandosi su un maggiore intimismo: nascono sotto quest'impulso film indimenticabili come il collettivo a episodi Capriccio all’italiana (1967), Straziami ma di baci saziami (1968) di Risi, Romanzo popolare (1974) di Monicelli, C’eravamo tanto amati (1974) e La terrazza (1980), di Scola, vincitore nel 33° Festival di Cannes del premio per la Migliore sceneggiatura. Sotto la direzione del medesimo regista nel 1987 esce La famiglia, mentre, in anni più recenti, Scarpelli lavora a film come Il postino (1994) di Michael Radford, di nuovo per Scola firma Concorrenza sleale (2001) ed è al fianco di Paolo Virzì con Ovosodo (1997) ed N (Io e Napoleone) (2006).
Insegnante al Centro Sperimentale di Cinematografia, Scarpelli ci ha consegnato una filmografia divertente e in un certo senso patrimonio culturale e storico dell’Italia e ci ha lasciato un pregiato esempio di narrazione, di capacità di raccontare e osservare la realtà.

Fonte: http://www.doppioschermo.it/